Rischio incendi boschivi
Il 30% della superficie del nostro Paese è costituito da boschi, caratterizzati da un’ampia varietà di specie che nel corso dei millenni si sono adattate alla straordinaria variabilità dei climi, da quelli subaridi dell’estremo sud della penisola a quelli nivali dell’arco alpino. Il patrimonio forestale italiano, tra i più importanti d’Europa per ampiezza e varietà di specie, costituisce un’immensa ricchezza per l’ambiente e l’economia, per l’equilibrio del territorio, per la conservazione della biodiversità e del paesaggio. I boschi, inoltre, sono l’habitat naturale di molte specie animali e vegetali.
Tuttavia ogni anno decine di migliaia di ettari di bosco bruciano a causa di incendi di natura dolosa o colposa, legate alla speculazione edilizia, o all’incuria e alla disattenzione dell’uomo. Negli ultimi trent’anni è andato distrutto il 12% del patrimonio forestale nazionale.
Le conseguenze per l’equilibrio naturale sono gravissime e i tempi per il riassetto dell’ecosistema forestale e ambientale molto lunghi. Le alterazioni delle condizioni naturali del suolo causate dagli incendi favoriscono inoltre i fenomeni di dissesto dei versanti provocando, in caso di piogge intense, lo scivolamento e l’asportazione dello strato di terreno superficiale.
I mesi a più elevato rischio sono quelli estivi, quando la siccità, l’alta temperatura ed il forte vento fanno evaporare parte dell’acqua trattenuta dalle piante, determinando condizioni naturali favorevoli all’innesco e allo sviluppo di incendi.
Rischio incendi boschivi. Il fenomeno
Un incendio boschivo è un fuoco che tende ad espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate che si trovano all’interno delle stesse aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi alle aree (art. 2 della Legge n. 353 del 2000).
Un incendio boschivo è un fuoco che si propaga provocando danni alla vegetazione e agli insediamenti umani. In quest’ultimo caso, quando il fuoco si trova vicino a case, edifici o luoghi frequentati da persone, si parla di incendi di interfaccia. Più propriamente, per interfaccia urbano-rurale si definiscono quelle zone, aree o fasce, nelle quali l’interconnessione tra strutture antropiche e aree naturali è molto stretta: sono quei luoghi geografici dove il sistema urbano e naturale si incontrano e interagiscono.
Tutte le regioni italiane sono interessate dagli incendi, anche se con gravità differente e in periodi diversi dell’anno. Le condizioni ambientali e climatiche della penisola italiana favoriscono lo sviluppo di focolai principalmente in due stagioni dell’anno. Nelle regioni settentrionali dell’arco alpino – ma anche nelle zone appenniniche in alta quota – gli incendi boschivi si sviluppano prevalentemente nella stagione invernale – primaverile, la più siccitosa, quando la vegetazione è stata seccata dal gelo. Mentre in estate i frequenti temporali riducono il rischio di incendio.
Al contrario, nelle regioni peninsulari centro – meridionali, dove il clima è mediterraneo, il fuoco si sviluppa prevalentemente nella stagione estiva, calda e siccitosa. Alcune regioni italiane sono interessate dal fenomeno sia durante la stagione invernale sia durante la stagione estiva.
Rischio incendi boschivi. Le attività
In Italia, la legge quadro sugli incendi boschivi (n. 353 del 21 novembre 2000) affida alle Regioni la competenza in materia di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi, mentre allo Stato attribuisce il concorso alle attività di spegnimento con i mezzi della flotta aerea antincendio di Stato.
Alle Regioni compete l’attivazione delle sale operative per consentire l’attivazione operativa delle squadre per lo spegnimento di terra e dei mezzi aerei regionali (in genere elicotteri) degli incendi boschivi, formate da personale regionale, volontari e vigili del fuoco e, nel caso, all’intervento di protezione civile. Spetta inoltre alle regioni elaborare ed attuare i piani regionali di previsione, prevenzione e d’intervento aggiornati ogni anno.
Al Dipartimento della Protezione Civile, attraverso il COAU – Centro Operativo Aereo Unificato, è invece affidato il coordinamento dei mezzi della flotta aerea antincendio dello Stato, che si compone di mezzi Canadair CL-415 ed elicotteri S-64 di proprietà del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, nonché di altre tipologie di elicotteri miliari di proprietà del comparto della Difesa.
Il Coau è attivo continuativamente nell’arco delle 24 ore per tutto l’anno ed è il Centro di comando e controllo di tutti i mezzi aerei resi disponibili per il concorso statale nell’attività di spegnimento antincendio boschivo pianificando e coordinando le attività di volo sia in ambito nazionale che internazionale.
Nell’attività antincendio boschivo è in costante contatto con le Sale operative regionale (SOUP) dalle quali riceve la richiesta di concorso aereo statale quanto le forze in campo regionali (squadre ed elicotteri) non sono in grado di fronteggiare l’incendio.
Per ridurre al minimo il tempo necessario per arrivare sul luogo delle operazioni è fondamentale la pianificazione delle dislocazioni a terra dei mezzi aerei disponibili. Gli aerei e gli elicotteri antincendio della flotta aerea dello Stato vengono schierati sul territorio tenendo conto delle aree a rischio e delle condizioni meteorologiche che rendono più probabile l’innesco di incendi boschivi.
Per quanto riguarda le attività di prevenzione queste ricadono sotto la competenza delle Regioni che pertanto si occupa anche di tale settore, coinvolgendo i soggetti titolati dell’effettiva esecuzione degli interventi, come ad esempio i Comuni per la pulizia dei bordi delle strade comunali.
Rischio incendi boschivi. Sei preparato?
Sapere cosa fare e come comportarsi quando ci si trova in una situazione di rischio è fondamentale per aiutare e proteggere se stessi e facilitare il lavoro dei soccorritori.
Adottare comportamenti corretti per evitare di provocare un incendio è importante quanto sapere come vigilare e avvisare i soccorritori in caso di necessità.
Per evitare un’incendio
- Non gettare mozziconi di sigaretta o fiammiferi ancora accesi, possono incendiare l’erba secca;
- Non accendere fuochi nel bosco. Usa solo le aree attrezzate. Non abbandonare mai il fuoco e prima di andare via accertati che sia completamente spento;
- Se devi parcheggiare l’auto accertati che la marmitta non sia a contatto con l’erba secca. La marmitta calda potrebbe incendiare facilmente l’erba;
- Non abbandonare i rifiuti nei boschi e nelle discariche abusive. Sono un pericoloso combustibile;
- Non bruciare, senza le dovute misure di sicurezza, le stoppie, la paglia o altri residui agricoli. In pochi minuti potrebbe sfuggirti il controllo del fuoc0
Rischio meteo-idro. Sei preparato?
Conoscere un fenomeno è il primo passo per imparare ad affrontarlo nel modo più corretto e a difendersi da eventuali pericoli. Per questo il Dipartimento è impegnato in campagne di sensibilizzazione per diffondere alcune semplici regole su come prevenire o diminuire i danni di un fenomeno. In questa sezione riportiamo i comportamenti corretti da adottare prima, durante e dopo fenomeni meteo-idrogeologici e idraulici.
In caso di frana
In caso di temporali e fulmini
Cosa fare in caso di rovesci di pioggia e grandine
Cosa fare in caso di neve e gelo
Rischio sanitario. Le attività
Il rischio sanitario emerge ogni volta che si creano situazioni critiche che possono incidere sulla salute umana.
In ordinario è importante la fase di pianificazione della risposta dei soccorsi sanitari in emergenza e la predisposizione di attività di sensibilizzazione sui comportamenti da adottare in caso di rischio. In emergenza, vengono attivate le procedure di soccorso previste nei piani comunali, provinciali e regionali.
Dal 2001 il Dipartimento della Protezione Civile ha emanato indicazioni con l’obiettivo di migliorare l’organizzazione del soccorso e dell’assistenza sanitaria in emergenza.
La prima direttiva “Criteri di massima per l’organizzazione dei soccorsi nelle catastrofi” esce nel 2001, a cui è seguito nel 2003 il documento sui “Criteri di massima sulla dotazione dei farmaci e dei dispositivi medici per un Posto medico avanzato”.
Nel 2006 il Dipartimento sceglie di dedicare un interno documento a un aspetto delicatissimo nella gestione di un’emergenza che è l’assistenza psicologica e psichiatrica durante una catastrofe: con i “Criteri di massima sugli interventi psicosociali nelle catastrofi” si individuano obiettivi e schemi organizzativi comuni.
Nel 2007 è pubblicata la direttiva “Procedure e modulistica del triage sanitario”, con cui si delineano le procedure per la suddivisione dei pazienti per gravità e priorità di trattamento nel caso di una calamità.
Nel 2011, considerando l’evoluzione del Servizio sanitario nazionale verso un’organizzazione regionale, vengono pubblicati gli Indirizzi operativi per definire le linee generali per l’attivazione dei Moduli sanitari regionali. Per sopperire alle richieste di assistenza sanitaria di cui necessita la popolazione dall’evento calamitoso fino al ripristino dei servizi sanitari ordinari, esce nel 2013 la direttiva che istituisce strutture sanitarie campali Pass – Posto di Assistenza Socio Sanitaria.
Nel 2016 sono invece individuati con direttiva la Cross – Centrale Remota Operazioni Soccorso Sanitario e i Referenti Sanitari Regionali in caso di emergenza nazionale.
Il Dipartimento, in collaborazione con la cooperativa Europe Consulting, porta inoltre avanti il progetto Abili a proteggere per tenere alta l’attenzione sul soccorso e l’assistenza alle persone con disabilità in emergenza e favorire interventi di prevenzione in questo ambito.
Rischio ambientale
Il rischio ambientale è principalmente legato alla produzione, alla gestione e alla distribuzione di beni, servizi o prodotti di processi industriali che, in caso di incidente, possono avere effetti sulla popolazione, sugli animali e sul territorio, mettendo così a repentaglio aria, acqua e suolo.
Rischio sismico. Il fenomeno
La Terra è un sistema dinamico e in continua evoluzione, composto al suo interno da rocce disomogenee per pressione e temperatura cui sono sottoposte, densità e caratteristiche dei materiali. Questa elevata disomogeneità interna provoca lo sviluppo di forze negli strati più superficiali, che tendono a riequilibrare il sistema spingendo le masse rocciose le une contro le altre, deformandole.
I terremoti sono un’espressione e una conseguenza di questa continua evoluzione, che avviene in centinaia di migliaia e, in alcuni casi, di milioni di anni.
Il terremoto si manifesta come un rapido e violento scuotimento del terreno e avviene in modo inaspettato, senza preavviso.
All’interno della Terra sono sede di attività sismica solo gli strati più superficiali, crosta e mantello superiore. L’involucro solido della superficie del pianeta, la litosfera, è composto da placche, o zolle, che si spostano, si urtano, si incuneano e premono le une contro le altre.
I movimenti delle zolle determinano in profondità condizioni di sforzo e di accumulo di energia. Quando lo sforzo supera il limite di resistenza, le rocce si rompono formando profonde spaccature dette faglie, l’energia accumulata si libera e avviene il terremoto. L’energia liberata viaggia attraverso la terra sotto forma di onde che, giunte in superficie, si manifestano come movimenti rapidi del terreno che investono le persone, le costruzioni e il territorio.
Un terremoto, soprattutto se forte, è caratterizzato da una sequenza di scosse chiamate periodo sismico, che talvolta precedono e quasi sempre seguono la scossa principale. Le oscillazioni provocate dal passaggio delle onde sismiche determinano spinte orizzontali sulle costruzioni e causano gravi danni o addirittura il crollo, se gli edifici non sono costruiti con criteri antisismici. Il terremoto genera inoltre effetti indotti o secondari, come frane, maremoti, liquefazione dei terreni, incendi, a volte più dannosi dello scuotimento stesso. A parità di distanza dalla faglia in cui si è generato il terremoto (ipocentro), lo scuotimento degli edifici dipende dalle condizioni locali del territorio, in particolare dal tipo di terreni in superficie e dalla forma del paesaggio.
Per definire la forza di un terremoto sono utilizzate due grandezze differenti: la magnitudo e l’intensità macrosismica. La magnitudo è l’unità di misura che permette di esprimere l’energia rilasciata dal terremoto attraverso un valore numerico della scala Richter. L’intensità macrosismica è l’unità di misura degli effetti provocati da un terremoto, espressa con i gradi della scala Mercalli.
Per calcolare la magnitudo è necessario registrare il terremoto con un sismografo, uno strumento che registra le oscillazioni del terreno durante una scossa sismica anche a grandissima distanza dall’ipocentro. L’intensità macrosismica, invece, viene attribuita in ciascun luogo in cui si è risentito il terremoto, dopo averne osservato gli effetti sull’uomo, sulle costruzioni e sull’ambiente. Sono quindi grandezze diverse e non confrontabili.